La marcia su Roma

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Sembra che tutti i capi autoritari abbiano bisogna di creare un atto per giustificare il loro controllo. (Devo chiarire di non parlare del tutto racconto come una giustificazione – solamente “la goccia che fa traboccare il vaso.”) Per Hitler, l’evento fu l’incendio del Reichstag (1933); per Stalin, fu l’insurrezione d’agosto (1924). Per Mussolini, l’evento fu la marcia su Roma, però la marcia esisteva più nelle menti dei fascisti che in realtà. Certamente, Mussolini ebbe un piano per assediare la città di Roma con la forza, ma con tutta probabilità Mussolini non credé di realizzare la sua minaccia. Secondo lo storico C.N. Trueman, “Il piano fu grandioso, sebbene naif. Le forze armate a Roma furono più numerose dei fascisti, che furono malamente armati.”
Nel 1921, Mussolini fondò il Partito Nazionale Fascista (PNF), un successore del suo alquanto socialista Partito Fascista Rivoluzionario (PFR). In fatto, nel 1919, il programma del PFR fu intensamente socialista (“concretamente di sinistra,” secondo Mussolini lui stesso); ancora quando Mussolini diventò il duce, il suo programma economico fu sindacalista e corporativista. Il sistema fascista del PNF era né di destra né di sinistra, ma univa degli elementi vari dei due per mantenere l’autorità. I fascisti formarono la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale – le Camicie Nere. Mussolini chiese a Richard Washburn Child, l’ambasciatore americano progressista, se gli Stati Uniti accettassero un governo fascista dell’Italia. Child diede il via libera. Mussolini scoprì che il primo ministro, Luigi Facta (un liberale), organizzò una dimostrazione di supporto al suo governo. Mussolini decise che i fascisti doverono primo marciare su Roma.

Nonostante la sbruffonata di Mussolini, lui non partecipò alla marcia; restò a Milano, e altri capipartito – i quattro quadrumviri (Michele Bianchi, Emilio De Bono, Cesare Maria De Vecchi e Italo Balbo) – comandarono la marcia. Facta ordinò una manovra militare – una decisione molto razionale, in considerazione delle debolezze delle Camicie Nere. (Molti manifestanti furono dei contadini ed ebbero solamente gli attrezzi della fattoria. )

Sorprendentemente, tuttavia, il re Vittorio Emmanuele III, il capo di stato, si rifiutò di approvare l’ordine di Facta. Invece, il re chiese Mussolini a dirigere un governo.
Molti storici suppongono dei motivi differenti per la decisione del re. Anti-monarchici affermano che il re fu un simpatizzante segreto dei Fascisti, credente che Mussolini sia stato un conservatore. Come mostrato, però, Mussolini (nonostante il suo nazionalismo) si candidò come uomo di sinistra; nel 1934, in fatto, si vantò di nazionalizzare “tre quarti dell’economia, industria e agricoltura italiane.” Se questa prospettiva non è corretta, qual è la verità? Facta ebbe pensato che il re non avessi mai ceduto il governo ai Fascisti. Penso che la soluzione sia semplice: il re vide il suo ruolo come mediatore, paciere. Volle evitare una guerra civile, come accadrebbe se l’esercito sparasse ai Fascisti. Come Von Hindenburg, il presidente della Germania durante l’ascesa di Hitler, Vittore Emmanuele provava a mantenere la pace. Ma il re si prese un rischio, e alla fine lui perse.

Alla fine, allora, la marcia su Roma non fu il colpo di stato che Mussolini voleva. Riuscì a causa di una decisione politica del re, non la forza robusta dei Fascisti. Ciò nonostante, fu un passo importante dell’ascensa di Mussolini.

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