Recensione: La ragazza che sapeva troppo

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Karl Salzmann

Per questo tema, ho guardato il film La ragazza che sapeva troppo. Il film è un giallo ed è uscito nel 1963 dal regista italiano Mario Bava, basato sulla sceneggiatura di molti sceneggiatori. Gli attori principali sono Letícia Román (che interpreta la protagonista, Nora Davis) e John Saxon (che interpreta il protagonista, Marcello Bassi). In primo luogo, riassumo la trama; dopo, analizzo i temi e le influenze del film.

Il film comincia con il volo di Nora Davis, la protagonista – una ragazza americana che fa visita a sua anziana zia malata a Roma. Quando Nora arriva, incontra il dottor Bassi, che si prende cura della zia di Nora. Quella notte, dopo che Bassi parte, la zia soccombe alla sua malattia. Il telefono non funziona a causa di una tempesta, e Nora corre per andare alla stazione di polizia. Lungo la strada, vede un omicidio in corso; un uomo barbuto accoltella una donna. Lei sviene; quando si sveglia, è in ospedale, dove i dottori e le infermiere la convincono che ha sognato l’omicidio. Il dottor Bassi, che s’innamora di Nora, prova anche a togliere l’omicidio dalla testa di Nora. Un uomo telefona a Nora; le chiede di andare a un indirizzo. Scopre anche che era una serie degli omicidi (“gli omicidi alfabetici”) dieci anni fa. Bassi e Nora cercano l’identità dell’assassino… ed io fermo il riassunto.

La ragazza che sapeva troppo non è un film molto severo, ma mi sono divertito molto mentre lo guardavo. Il regista Bava è conosciuto per i suoi gialli; questo è stato il suo primo. Niente è troppo pauroso, invece Bava crea l’incertezza, la suspense, di Hitchcock. Infatti, mi è piaciuto questo film molto a causa dei riferimenti incrociati con i film di Hitchcock; in più occasioni mentre guardavo il film, ho pensato che guardavo un film appena scoperto del maestro! La messa in scena è molta simile talvolta; la scena dell’omicidio è filmata notevolmente in bel bianco e nero. È un film basato primariamente sulla messa in scena; la trama non è molta difficile da risolvere. (Ho indovinato l’identità dell’assassinato, e non è spiegato il movente dei reati.) Ma il film è divertente e benfatto: Bava costruisce belle composizioni cinematografiche. La sequenza della morte della zia e dell’omicidio della donna nella Scalinata di Trinità dei Monti è stupenda. Bava usa le ombre e le immagini perfettamente; ho pensato ai film noir. Nora Davis esemplifica “la bionda Hitchcockiana”; il film assomiglia a The Man who Knew Too Much (perciò il titolo), Foreign Correspondent, The Lady Vanishes e Stage Fright. È possibile ritenere questo film un pastiche dell’opera di Hitchcock tanto quanto i film di Brian DePalma. In questa maniera, non penso che sia un film molto difficile dai film americani – nonostante gli scatti belli di Roma, non c’è niente “singolarmente italiano” del film – tranne (possibilmente) l’importanza dell’immagine invece della trama. Un principio così è una “regola” del “auteur theory,” un’idea francese che è stata portata negli Stati Uniti dal critico Andrew Sarris, e penso che Bava ci abbia creduto anche. Forse l’importanza dell’immagine è anche un’idea italiana.

Non voglio suggerire che è un film perfetto – gli aspetti comici non sono ben integrati alla trama, e la seconda metà non è così buona come la prima; le interpretazioni sono decenti ma non eccezionali – ma La ragazza che sapeva troppo è divertente e adrenalinico, ed è un tributo giusto per Alfred Hitchcock e un buon debutto per Mario Bava.

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